Tiroide e intestino sono strettamente collegati e possono creare un circolo vizioso
La funzionalità tiroidea è senza dubbio influenzata da numerosi fattori. La scienza moderna però sembra piuttosto sicura che il lavoro delle migliaia di miliardi dei microorganismi presenti nel microbiota intestinale abbia un ruolo fondamentale sulla salute della tiroide. Anzi sono talmente collegati che uno squilibrio tra di essi può innescare una reazione negativa ciclica. Nonostante questo, la connessione tra tiroide e intestino viene quasi sempre ignorata dalla medicina.
Una bassa funzionalità tiroidea può portare ad un’infiammazione dell’organismo e a impoverire la salute dell’intestino. Allo stesso tempo i disturbi del microbiota intestinale possono portare a una soppressione della funzione tiroidea, innescando una condizione autoimmune che conosciamo come tiroide di Hashimoto.
Tiroide e intestino: ecco come si influenzano reciprocamente
Questo mi è capitato di dirlo in altri articoli: quando l’intestino non funziona bene e c’è permeabilità si possono anche innescare malattie autoimmuni. Contemporaneamente se stai lottando con costipazione, diarrea, mal di stomaco… la causa potrebbe essere proprio la tiroide.
La cosa che più ritarda una diagnosi è che il legame tiroide e intestino sembra così lontano! Quando si verifica un sintomo è normale focalizzarsi su di esso e a causa di questo non è facile raggiungere l’origine del problema.
Perché la tiroide è così importante per l’intestino?
La tiroide può essere considerata una fabbrica di ormoni molto importanti per la funzionalità del nostro organismo. Ogni singola cellula per funzionare ha bisogno degli ormoni tiroidei e se qualcosa va storto, tutto l’organismo ne subisce le conseguenze.
Gli ormoni tiroidei devono essere in equilibrio, né troppi né pochi. Quando la tiroide lavora troppo, si parla di ipertiroidismo, di cui esiste una condizione autoimmune chiamata malattia di Graves. Se invece c’è una scarsa produzione di ormoni tiroidei la patologia prende il nome di ipotiroidismo e la condizione autoimmune è quella citata in precedenza, ossia la tiroide di Hashimoto. Entrambe queste condizioni hanno impatto sull’intestino.
Alcuni studi hanno messo in evidenza che le persone con problemi di tiroide hanno più facilmente un’inclinazione a soffrire di malattia celiaca (la malattia di Graves porta ad avere 5 volte tanto il rischio di soffrirne) o di sindrome da intestino irritabile (collegata con chi soffre di tiroide di Hashimoto).
Perché l’intestino è così importante per la tiroide?
Anche se gli studi sul microbiota intestinale sono piuttosto recenti, il legame tra tiroide e intestino cominciò a essere ipotizzato nei primi anni del ‘900. A quel tempo infatti gli studiosi già pensavano che una flora intestinale povera o mal messa potesse avere influssi negativi sulla funzione tiroidea.
La scienza moderna sul microbiota ci ha permesso di capire molte più cose. Uno studio del 2014 ha mostrato che le persone che soffrono di ipertiroidismo hanno molti meno bifidobatteri e lattobacilli e molti più enterococco rispetto alle persone sane. Inoltre, la natura dell’ipotiroidismo è nella maggioranza dei casi di tipo autoimmune, quindi visto che il microbiota è coinvolto in numerose altre malattie autoimmuni, è molto probabile che la disbiosi svolga un ruolo importante su questa disfunzione tiroidea.
Questo studio del 1972 ha dimostrato che i ratti senza microbiota intestinali cresciuti in ambiente sterile avevano ghiandole tiroidee più piccole dei ratti cresciuti normalmente. Un’altra testimonianza palese del rapporto tra tiroide e intestino.
In particolare oggi sappiamo che quando l’intestino è infiammato si compromette l’assorbimento di nutrienti di vitale importanza per la tiroide, come lo iodio e il selenio.
Adesso mi addentro in una parte un po’ più complessa da comprendere, ma ti sarà utile per capire ancora meglio il collegamento tra tiroide e intestino.
Il lipopolisaccaride è un componente della parete cellulare dei batteri che, in caso di permeabilità intestinale, può viaggiare per il sangue e andare e influire sulla tiroide. In particolare inibisce l’enzima che si occupa della conversione dalla forma inattiva dell’ormone T4 alla forma attiva denominata T3. Inoltre, parte di questa importante conversione (circa il 20%) avviene proprio nell’intestino, che se non funziona a dovere, non eseguirà correttamente.
Ci sono anche altri interessanti passaggi che spiegano il collegamento tra tiroide e intestino. Gli acidi biliari primari che vengono prodotti nella cistifellea e secreti nel piccolo intestino dopo il consumo di grassi, nell’intestino vengono convertiti in acidi biliari secondari, che sono quelli che aumentano l’attività di conversione tiroidea da T4 a T3.
Infine parliamo di SIBO. Nel 2007 uno studio ha rilevato che più della metà delle persone che soffrono di ipotiroidismo autoimmune sono risultate positive al test del respiro per la SIBO. Ovviamente non è possibile capire a priori se si tratta di una causa o un effetto dell’ipotiroidismo, ma è indubbio un collegamento bidirezionale.
Come puoi vedere sono tutti argomenti piuttosto complessi, di cui ti ho appena accennato per non annoiarti e perché non sono semplici da capire. Credo però che adesso avrai un’idea un po’ più chiara di quello che volevo farti comprendere, poi se vorrai approfondire puoi cercare altre informazioni online al riguardo.
4 consigli per far lavorare al meglio tiroide e intestino
È indubbio quindi che avere un intestino sano è un modo per migliorare la funzionalità tiroidea. Lavorare sul proprio microbiota è la strada giusta da percorrere per ricostruire la salute anche in caso di tiroide di tipo autoimmune.
Questi sono alcuni consigli per migliorare l’importante asse tra tiroide e intestino:
- Fai gli esami necessari – Anche se può sembrare una spesa non piacevole, visto che di solito si parla di analisi non passate dal sistema sanitario nazionale, pensa che quello che scopri può portarti al miglioramento dei tuoi problemi tiroidei. Per evitare un inutile dispendio, rivolgiti a uno specialista fidato che, in base ai tuoi sintomi, ti può indicare quali esami fare per controllare lo stato del tuo intestino. SIBO, permeabilità intestinale e molto altro può essere scoperto con delle specifiche analisi di laboratorio.
- Mangia precursori di acidi grassi a corta catena – ho parlato abbondantemente in un mio articolo dell’importanza degli acidi grassi a corta catena. L’acido butirrico e l’acido acetico in particolare agiscono sia sugli inibitori della conversione del T4 in T3, sia sulla sintesi degli ormoni tiroidei.
- 3. Mangia alimenti fermentati – non ci sono studi sugli esseri umani, ma sui ratti la funzione tiroidea migliora con la somministrazione di verdure fermentate come ad esempio i crauti e il kimchi.
- Cura la tua alimentazione e gestisci lo stress – chiunque dovrebbe farlo ovviamente, ma se hai problemi con la tiroide curare la tua alimentazione e gestire lo stress sono due cose fondamentali. Devi rimuovere alcuni alimenti che promuovono l’infiammazione e aggiungerne altri che possono aiutare a curare l’intestino, come il brodo di ossa. Alcune persone anche solo correggendo l’alimentazione hanno notevoli miglioramenti sui sintomi provocati dal cattivo funzionamento della tiroide.
Conclusioni sulla connessione tra tiroide e intestino
In attesa che anche la medicina apra gli occhi sull’evidente collegamento tra tiroide e intestino, quello che puoi fare è trovare la strada da seguire per poter cominciare a sentirti meglio. I problemi tiroidei possono sconvolgere la vita di una persona, quindi tutto ciò che può aiutare dovrebbe sempre essere considerato. Non sto dicendo di non ascoltare il tuo medico, ma di affrontare il tuo problema anche sotto un altro aspetto.
Non ignorare il collegamento tra tiroide e intestino che come abbiamo visto insieme, è indubbio. Invece di limitarti a tamponarne i sintomi, cerca una soluzione a quella che potrebbe essere la causa. Passo dopo passo potresti davvero riuscire a stare meglio impedendo agli squilibri ormonali di complicare la normalità delle tue giornate.
Salve, qualche giorno fa, navigando su internet, in cerca di informazioni per risolvere i miei problemi, ho scoperto la sua teoria del dottor Mainardi.
Mi chiamo Lucia Marinaccio, ho 47 anni e vivo in provincia di Avellino. Ho due figli maschi, uno di 18 e l’altro di circa 14 anni, entrambi avuti con cesareo per problemi di mancanza di dilatazione. Già durante la seconda gravidanza, il mio dottore di base mi disse che avevo problemi alla tiroide, che però non ho tenuto in considerazione in seguito, perché pensavo che fossero circoscritti al periodo della gravidanza. Un fatto molto importante è stato una broncopolmonite che mi ha colpita ad un anno di età, dalla quale mi sono salvata per miracolo e con una cura a base di penicilline. Mia madre mi dice che ha iniziato presto il mio svezzamento perché non prendevo il suo latte. Ogni inverno, nel corso della mia infanzia e della mia adolescenza, dovevo farmi una settimana di bronchite che curavo con penicillina. Ho sofferto di sinusite fino alla fine della pubertà e all’età di 7/8 anni ho iniziato a prendere peso fino a 14 anni, quando ho iniziato a fare diete fai da te, grazie alle quali ho perso dei chili ma sono sempre stata al limite inferiore del sovrappeso. Venti anni fa a mio padre è stata diagnosticata una forma di leucemia (AREB) e dopo circa 18 mesi è morto, all’età di 57 anni, per una complicanza (ischemia cerebbellare). Durante le gravidanze ho preso qualche chilo oscillando, dopo le stesse, fra i 68 è un massimo di 72,5 kg, per un’altezza di 1,64 m. Circa tre anni fa ho iniziato ad avere una tosse insistente e, il mio otorino ha ipotizzato un problema di reflusso gastrico , del quale non avevo una percezione. Solo quando mangiavo qualche frittura, cosa molto rara, avvertivo un certo bruciore di stomaco. Iniziai così una dieta per risolvere questo problema, insieme ad una cura farmacologica, che però ho seguito per poco tempo. Da allora non ho avuto più problemi di tosse, neanche durante l’inverno. Nel frattempo, siccome ero arrivata ad un peso eccessivo (72,5kg), mi ricordai della mia tiroide e mi feci gli esami relativi, compresi gli anticorpi. Il TSH era nei limiti, ma gli anticorpi superavano il valore massimo (ultimo TPO 243 Ul/ml), da questi risultati mi fu diagnosticata la tiroidite di Hashimoto e iniziai a prendere il Tiche 25 e dopo un po’ passai al 50. Nel frattempo iniziai una dieta più proteica e che mi iniziò a far perdere qualche chilo. Durante questa dieta, scoprii l’ esistenza della dieta dei gruppi sanguigni, alla quale mi approcciai, in un primo momento per perdere peso, ma poi, guardando i vari video scoprii che mi poteva essere utile per risolvere la mia tiroidite. All’inizio avevo tolto il glutine, il latte già lo avevo eliminato da un po’ di tempo, anche se continuavo a mangiare la mozzarella cotta e qualche dolce cremoso. I formaggi in genere non mi sono mai piaciuti, ho sempre avuto un’avversione innata, anzi fino a 20 anni fa, anche toccarli con le mani mi dava un certo senso di “ribrezzo”, non ne parliamo dell’odore, e al massimo conosco il sapore della mozzarella e del parmigiano cotti (sulla pizza o nella pasta al forno). Mangiavo il riso, mi ero procurata la farina di riso e mi facevo i biscotti e la pizza. Poi scoprii, sempre in base alla dieta dei gruppi sanguigni, io sono uno 0 +, che per la tiroidite dovevo eliminare anche i cereali senza glutine, i dolci e la frutta. Feci un periodo molto restrittivo e arrivai a pesare, per un breve periodo, 62,5 kg. Dopo quel limite minimo, diciamo che non sono riuscita più di tanto a continuare e ho sgarrato diverse volte, anche per motivi logistici. Ho ripreso gradualmente 5 kg e ora peso tra i 65/67 kg. Meno di un mese fa mi sono decisa a riprendere la dieta rigorosamente, perché avvertivo dolori alle spalle e gonfiori addominali, causati soprattutto dai legumi che erano consigliati per il mio gruppo. Comunque quando introducevo qualche alimento che non avevo preso per molto tempo si scatenavano febbre, tosse e dolori articolari. Ho eliminato gli zuccheri, la frutta, il caffè, ma i miei fastidi non si toglievano. Sempre navigando su internet, qualche giorno fa, ho scoperto la teoria sull’iperpermeabilità intestinale e che anche i legumi erano sconsigliati. Io mi sono procurata, in tutto questo periodo, farine di : grano saraceno, quinoa, amaranto, piselli, ceci, cannellini; uso molto le mandorle che trasformo in farina e le unisco a queste farine per farmi dei biscotti, con poco zucchero, o dei crackers ( con le farine di legumi). Ieri ho visto un video del dottor Mainardi, nel quale parlava della sua teoria e ho capito che ho sbagliato tutto. Preciso che io non ho mai eliminato completamente, e per molto tempo, i vari alimenti. Sono stata incuriosita dal protocollo alimentare del dottor Mainardi e dai rimedi che lui propone ( serplus e ossido di zinco, primus pane). Ho saputo anche della collaborazione che ha con il dottor Coro. Per fortuna la mia famiglia non mi ha seguito nella dieta dei gruppi sanguigni, per loro si può seguire la sua terapia o bisogna fare comunque la rieducazione dell’intestino, per prevenire così future malattie, perché la loro alimentazione è quella che preferiscono tutti i ragazzi, quindi per loro è ancora più importante rinforzare l’intestino. Il mio figlio maggiore (18) ha una rarefazione ossea di 17 mm nella parte frontale destra del cranio che teniamo sotto controllo con la TAC. Il mio figlio minore (13) è molto magro, pesa 42 kg per un’altezza di 1,64 m, e penso che abbia problemi di malassorbimento. Spero che qualcuno mi dia le risposte alle domande che ho posto, per sapere quale strada prendere, e in che modo di recuperare la salute, riparando il mio intestino. La mia tiroidite non mi da dei sintomi e, a parte un breve periodo, ora non sto seguendo alcuna terapia farmacologica. Come già detto, ho eliminato il glutine perché era sconsigliato per il mio gruppo sanguigno e per la tiroidite, ma ho notato, non introducendolo più, un miglioramento nella consistenza delle feci; invece i gonfiori addominali sono causati soprattutto dai legumi.
Grazie
Cordialmente
Lucia Marinaccio