Parte 3: L’attività motoria e la barriera intestinale. Come prendersi cura del “filtro” di benessere?
Nel corso del nostro viaggio alla scoperta del rapporto che intercorre tra attività motoria e funzionamento intestinale, abbiamo dapprima passato in rassegna la regolazione del microbiota e, successivamente, l’impatto dell’esercizio fisico sul sistema immunitario dell’intestino. L’articolo in questione intende approfondire, invece, il complesso sistema di difesa alla base di un corretto bilanciamento dell’apparato.
Soltanto così sarà possibile separare il contenuto intestinale dai tessuti dell’organismo-ospite, favorire l’assorbimento dei macronutrienti derivanti dalla dieta e monitorare l’interazione della flora batterica residente col sistema immunitario mucosale.
Tuttavia, per comprendere i protocolli di equilibrio endogeni è necessario fare la conoscenza del protagonista indiscusso di questo terzo articolo: la barriera intestinale.
Che cos’è la barriera intestinale?
Come accennato nei precedenti articoli, l’ecosistema intestinale – l’ultima porzione dell’apparato digerente – è regolato da tre elementi in equilibrio tra loro: il microbioma, cioè l’insieme dei batteri eterogenei che costituisce il “patrimonio genetico” dell’intestino, il sistema immunitario deputato alle risposte antinfiammatorie nei confronti del cibo e degli agenti endogeni e/o esogeni e, infine, la barriera intestinale.
Quest’ultima è responsabile dell’isolamento dei patogeni potenzialmente dannosi per l’organismo-ospite e favorisce l’assorbimento dell’acqua e dei macronutrienti assunti mediante la dieta. Di conseguenza, la barriera intestinale agisce come un “filtro attivo” che vigila, con assoluta precisione, sulla salute complessiva dell’individuo. Quest’ultima è anche l’ultima linea di confine che divide l’ecosistema del corpo umano dall’insieme di macronutrienti/sostanze introdotte con l’alimentazione.
Il suo complesso funzionamento è garantito da una struttura estremamente flessibile; è, infatti, composta da uno strato di cellule, strette tra loro a forma “giunzioni”, e da una superficie esterna di muco che ne garantisce il giusto grado di adesività – caratteristica di fondamentale rilevanza per la salute e il corretto funzionamento della barriera.
Sul versante pratico, l’area intestinale in questione è deputata al riconoscimento delle sostanze benefiche per l’organismo-ospite, le quali entreranno di diritto nel sistema circolatorio-linfatico, e all’ostruzione di tutto ciò che potrebbe essere dannoso per l’intestino e che verrà, di conseguenza, espulso con le scorie.
La funzione della barriera intestinale
Per lunghi anni, la medicina novecentesca ha ritenuto la barriera intestinale del tutto inviolabile.
Si credeva, infatti, che un tale sistema di difesa innato alla base dell’organismo-ospite venisse compromesso soltanto da un’infezione particolarmente invasiva e ad alto tasso di mortalità: la sepsi.
Tuttavia, ricerche recenti e a noi contemporanee hanno messo in evidenza quanto la permeabilità intestinale – o la cosiddetta “leaky gut”, letteralmente l’intestino permeabile – sia correlata a una vasta gamma di patologie.
Tra le tante, l’acne, le allergie, le malattie infiammatorie del tratto intestinale, la sindrome dell’intestino irritabile, l’obesità e alcune forme lievi di malattie neurologiche.[1] Il risultato è la penetrazione di agenti patogeni che influenzano l’ecosistema dell’apparato gastrointestinale e che rischiano di innescare, di conseguenza, un’infiammazione sistemica o cronica.
A tal proposito, è interessante specificare quanto la barriera intestinale responsabile del corretto funzionamento dell’organismo-ospite abbia, in realtà, lo stesso spessore di un capello umano. Per questo motivo, esistono svariati fattori endogeni o esogeni capaci di modificare la natura delle giunzioni cellulari di cui ti ho parlato nel paragrafo precedente. Uno tra tutti? L’esercizio fisico.
Il ruolo dell’ossigenazione sanguigna durante l’esercizio fisico sulla barriera intestinale
Al passaggio da una condizione di riposo a una sessione di attività fisica a media-alta intensità, la portata cardiaca può aumentare considerevolmente – fino a cinque volte tanto. Ne deriva una ridistribuzione del flusso ematico, il quale viene dirottato prevalentemente verso i muscoli coinvolti nello sforzo (muscolo cardiaco incluso). Di contro, le reti circolatorie che stabiliscono il corretto afflusso ematico all’intestino, al fegato, alla milza e ai reni si restringono rapidamente e riducono l’irrogazione sanguigna dell’apparato gastrointestinale.
Il motivo di tale fenomeno è da rintracciare nell’ossigenazione ematica: da un lato permette ai muscoli di portare a termine lo sforzo fisico e, dall’altro, consente alla pelle di disperdere il calore accumulato sottoforma di sudore. In accordo ad alcuni studi pubblicati nel secondo Novecento, la riduzione di afflusso ematico intestinale oscilla, di conseguenza, intorno al 50-55%.[2] La condizione medica in questione prende il nome di ischemia; la mancanza di afflusso d’ossigeno prende il nome, invece, di ipossia.
Ischemia e ipossia giocano entrambe un ruolo di primaria importanza nella regolazione delle funzioni intestinali, favorendo la permeabilità della barriera e aumentando la produzione di reagenti all’ossigeno. Ne deriva che il grado di ischemia o di ipossia dell’intestino dipenda dalla tipologia di esercizio fisico a cui è sottoposto l’organismo-ospite, nonché dalla sua intensità e durata.
L’ischemia intestinale subentra in soli dieci minuti di attività motoria ad alta intensità.[3] In altre parole, lo sport è responsabile di “leaky gut”, allo stesso modo delle altre patologie summenzionate.
Attività motoria e barriera intestinale: una sintesi
La tesi in questione lascia intendere che l’attività sportiva sia negativa per la barriera intestinale, la quale verrebbe esposta a un eccessivo grado di permeabilità.
Tuttavia, non dobbiamo sottovalutare le caratteristiche adattive dell’organismo umano. Come alcuni fattori di stress acuto, anche l’esercizio fisico detiene un elevato valore ormetico.
L’ormesi è il processo di compensazione dovuto alla modificazione degli equilibri omeostatici endogeni. L’adattamento positivo della barriera intestinale, derivante da attività fisica ripetuta con costanza nel tempo, migliora e rafforza la barriera intestinale, trasformando il “leaky gut” in una resistenza superiore.
Il vantaggio è correlato alla reazione delle cellule epiteliali intestinali, le quali apprenderebbero come sopravvivere in difficili condizioni ambientali – come quelle indotte dallo sforzo fisico intensivo.
Responsabili di tale miglioramento strutturale sono le proteine HSP (Heat Shock Protein), la cui produzione dipende da condizioni di stress e da repentini cambi di temperatura. È stato dimostrato quanto le HSPs intestinali impediscano l’indebolimento degli agglomerati cellulari delle giunture strette, proteggendo il citoscheletro delle cellule. Secondo i ricercatori:[1] “la risposta di shock termico negli atleti a riposo rappresenta un’attivazione delle risorse protettive delle cellule immunitarie al calore. La manifestazione in questione deriva probabilmente da un adattamento indotto dall’attività sportiva reiterata o da una specie di termotolleranza acquisita”.
Altri fattori esogeni responsabili di “leaky gut”
In aggiunta all’attività fisica menzionata nel paragrafo precedente, esistono svariati fattori complementari che possono incrementare considerevolmente la permeabilità della barriera intestinale, indebolendo le giunture strette cellulari.
Mi riferisco agli alimenti immunogenici – come il lattosio, il grano e la caseina, soprattutto in soggetti con intolleranza alimentare – i FANS, i farmaci antinfiammatori non steroidei, come l’ibuprofene e il naprossene, e lo stress psicologico.
Secondo i ricercatori:[2] «gli eventi agonistici potrebbero anche causare un aumento dello stress mentale, responsabile di incrementare i sintomi gastrointestinali a causa di ulteriori diminuzioni del flusso sanguigno […]».
Mi auguro che questa breve panoramica informativa abbia gettato luce sul triplice ecosistema intestinale: microbiota, sistema immunitario e barriera. I risultati degli studi summenzionati lasciano intendere quanto la combinazione di esercizio fisico ad alta intensità con stress psicologico e dieta povera di nutrienti, ma ricca di carboidrati raffinati, sia potenzialmente responsabile di un’infiammazione intestinale cronica.
Nel prossimo articolo, di conseguenza, approfondiremo insieme il ruolo dell’attività motoria nella prevenzione di alcune malattie a carico dell’apparato gastrointestinale, come le IBD (Inflammatory Bowel Disease).
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