Parte 2: L’impatto dell’attività fisica sul microbioma intestinale
L’attività motoria è tra i fattori esogeni capaci di aumentare le difese dell’organismo, consentendogli di intervenire in modo più efficace contro la presenza di eventuali agenti patogeni interni o esterni.
Sport e sistema immunitario sono, dunque, direttamente proporzionali. Il motivo è da rintracciare nell’impatto che l’esercizio fisico ha sul microbiota intestinale – la flora batterica eterogenea che regola le funzioni dell’apparato. Dal momento che i microbi sono in costante comunicazione col sistema immunitario, non stupisce che i soggetti sani non-sedentari godano di una forma fisica migliore, di un ritmo sonno-veglia più bilanciato e di una resistenza complessivamente più elevata.
In questo articolo, ho scelto di riassumere le informazioni attualmente dibattute dalla comunità scientifica contemporanea per mettere in evidenza la correlazione che sussiste tra attività motoria e rafforzamento delle difese immunitarie.
Il GALT e il sistema immunitario intestinale
È comunemente noto che gran parte del sistema immunitario risieda nell’intestino.
Nel dettaglio, il GALT – acronimo inglese per Gut Associated Lymphoid Tissue, tessuto linfoide associato all’intestino – è l’insieme cellulare in cui macrofagi, linfociti e cellule dendritiche sono aggregate tra loro per assicurare una rapida risposta immunitaria nell’eventualità di un attacco patogeno esogeno o endogeno. Il tessuto linfoide in oggetto copre un’area di 260-300 metri quadrati e assicura il 70% delle cellule immunitarie presenti nell’organismo.
Nel dettaglio, due sono le categorie cellulari che concorrono alla difesa dell’intestino: le placche di Peyer – cioè aggregati di linfociti deputati al riconoscimento e all’isolamento di eventuali patogeni – e agglomerati di linfociti e plasmacellule presenti nella mucosa intestinale. I primi sono in grado di portare a termine il “campionamento” dei corpi esterni e – dopo aver categorizzato il patogeno – inviano i risultati ottenuti alle cellule T (linfocitiche) che, a loro volta, vengono indotte a differenziarsi dalle T regolatorie (Tregs). Queste ultime rivestono un ruolo di controllo molto importante: impediscono, infatti, il verificarsi di risposte immunitarie eccessive. Le Tregs, di conseguenza, migrano al di sotto dello strato epiteliale e cominciano a sintetizzare le citochine antinfiammatorie primarie – al cui gruppo appartengono la IL-1 (Interleuchina-1), i TNT (Tumor Necrosis Factor) e la IL-6 (Interleuchina-6).
In caso di infiammazione, il rilascio delle citochine IL-6 e delle chemochine favorisce l’attivazione delle cellule dendritiche che, per una seconda volta, si mettono in contatto con le cellule T intestinali al fine di innescare la loro differenziazione in cellule T effettrici. Cooperando con altri agglomerati cellulari, come i neutrofili, queste ultime sono in grado di rispondere tempestivamente all’invasione batterica (e non solo) subìta dall’organismo.
Ne deriva che le duplici casistiche summenzionate sono alla base di una corretta risposta immunitaria del corpo umano, soprattutto per le loro implicazioni sull’apparato cardiorespiratorio, intestinale, nervoso e sulla forma fisica complessiva. Di conseguenza, se da un lato i ricercatori sono alla costante sperimentazione di farmaci che possano favorire il bilanciamento del sistema immunitario intestinale, alcuni studiosi – me compreso – credono fermamente nella possibilità di regolare e modulare la risposta difensiva dei pazienti mediante interventi mirati sullo stile di vita, sull’attività motoria e sulla dieta.
Le ricerche di laboratorio sul GALT e sulla regolazione delle difese immunitarie dell’intestino
Il primo ostacolo da superare consiste nella carenza di studi, pubblicazioni e materiale scientifico di cui disporre, al giorno d’oggi, per indagare la correlazione tra il GALT e le sue implicazioni sulle difese immunitarie intestinali. Tuttavia, tra gli esperimenti condotti in laboratorio sull’apparato gastrointestinale di animali rispettivamente attivi e sedentari, quello di Packer, Hoffmann-Goetz et al.[1] ha permesso di gettare luce su alcune interessanti modificazioni degne di nota:
- Ridotto apporto di citochine pro-infiammatorie di tipo TNFα e di IL-17. Quest’ultima è una molecola solubile prodotta dai linfociti TH17 sotto stimolo dell’Interleuchina 23 (IL-23).
- Aumento degli enzimi antiossidanti.
- Diminuzione delle proteine coinvolte nel processo apoptotico delle cellule immunitarie, come la Caspasi “effettrice” 7. Con il termine “apoptosi” si fa riferimento all’eliminazione di cellule infette da virus o danneggiate in modo irreparabile. A differenza della necrosi, intesa come morte cellulare derivante da stress o trauma, l’apoptosi avviene in modo regolato e meticolosamente ordinato, richiedendo il consumo di ATP.
- Miglioramento delle difese immunitarie nei topi anziani.
In sintesi, è lecito ipotizzare che l’attività motoria sia in grado di garantire una maggiore tolleranza e/o flessibilità immunitaria. Dopo sole sei settimane di corsa sulla ruota, è stata rilevata nei topi di laboratorio una proliferazione di cellule T e citochine prodotte dalle placche di Peyer. Resta ancora da stabilire quale siano l’intensità e il tipo di attività fisica ideali per reiterare gli stessi benefici sull’organismo umano.
[1] Packer, N. & Hoffman-Goetz, L. Exercise training reduces inflammatory mediators in the intestinal tract of healthy older adult mice. Can. J. Aging Rev. Can. Vieil. 31, 161–171 (2012). Hoffman-Goetz, L. Freewheel training decreases pro- and increases anti-inflammatory cytokine expression in mouse intestinal lymphocytes. Brain. Behav. Immun. 1105–1115 (2010).
La produzione microbica di butirrato e le sue conseguenze sul sistema immunitario intestinale
Nell’ultimo articolo pubblicato sul tema del microbiota intestinale e della sua correlazione con l’attività sportiva è stato più volte sottolineato quanto gli animali da laboratorio sottoposti a sforzo fisico volontario o indotto abbiano presentato, analisi alla mano, un aumento del butirrato nell’intestino. Quest’ultimo è un prodotto di scarto della digestione di fibre alimentari capace di stimolare e potenziare le reazioni del sistema immunitario mediante l’induzione delle cellule T regolatorie di cui abbiamo discusso nei paragrafi precedenti. In altre parole, è stato riscontrato sia un aumento delle Tregs nel colon[1] che una maggiore integrità della barriera intestinale[2].
Di contro, è doveroso specificare che non è stato ancora possibile misurare l’incremento delle Tregs intestinali in risposta all’esercizio motorio. Dal momento che gli studi inerenti al microbiota intestinale e alla sua relazione con il sistema immunitario sono spesso corredati da evidenze miste, non ci è dato quantificare l’influenza effettiva che lo sport riveste in questo frangente.
La rinnovata produzione di butirrato sostiene la tesi secondo cui sarebbe possibile impiegare l’acido butirrico come terapia per le malattie infiammatorie dell’intestino (IBD), tra cui il morbo di Crohn.
Il motivo è da rintracciare nel ruolo del butirrato come stimolatore di linfociti T regolatori. Questi ultimi – per dirlo con le parole del Dr. Ohno a capo della ricerca giapponese pubblicata su Nature nel 2013[1] – «sono importanti per il contenimento di risposte infiammatorie eccessive come pure per le malattie autoimmuni. Queste scoperte, pertanto, potrebbero essere applicate per la prevenzione e il trattamento delle IBD, le allergie e le malattie autoimmuni. Il butirrato è naturale e sicuro e – particolare non trascurabile in tempi di restrizione dei budget sanitari – rappresenta un’opzione a buon mercato».
Infine, ricordo quanto una corretta alimentazione sia pur sempre alla base del rafforzamento dell’organismo umano. I due pilastri del sistema immunitario – attività fisica e dieta equilibrata – possono sostenersi vicendevolmente e favorire tanto il corretto equilibrio del microbiota intestinale, quanto la corretta risposta infiammatoria in presenza di agenti patogeni. Nei prossimi articoli del blog passeremo in rassegna, dunque, le varie forme di attività sportiva al fine di analizzare quale – e in quale intensità – può definirsi la migliore nel breve e nel lungo periodo.
[2] Furusawa, Y. et al. Commensal microbe-derived butyrate induces the differentiation of colonic regulatory T cells. Nature 504, 446–450 (2013).
[3] Chang, P. V., Hao, L., Offermanns, S. & Medzhitov, R. The microbial metabolite butyrate regulates intestinal macrophage function via histone deacetylase inhibition. Proc. Natl. Acad. Sci. U. S. A. 111, 2247–2252 (2014).
[4] Furusawa et al. “Commensal microbe-derived butyrate induces colonic regulatory T cells” Nature, 2013.
Fonti Scientifiche:
- Packer, N. & Hoffman-Goetz, L. Exercise training reduces inflammatory mediators in the intestinal tract of healthy older adult mice. Can. J. Aging Rev. Can. Vieil. 31, 161–171 (2012).
- Hoffman-Goetz, L. Freewheel training decreases pro- and increases anti-inflammatory cytokine expression in mouse intestinal lymphocytes. Brain. Behav. Immun. 1105–1115 (2010).
- Hoffman-Goetz, L., Pervaiz, N. & Guan, J. Voluntary exercise training in mice increases the expression of antioxidant enzymes and decreases the expression of TNF-alpha in intestinal lymphocytes. Brain. Behav. Immun. 23, 498–506 (2009).
- Cook, M. D. et al. Forced treadmill exercise training exacerbates inflammation and causes mortality while voluntary wheel training is protective in a mouse model of colitis. Brain. Behav. Immun. 33, 46–56 (2013).
- Allen, J. M. et al. Exercise training-induced modification of the gut microbiota persists after microbiota colonization and attenuates the response to chemically-induced colitis in gnotobiotic mice. Gut Microbes 0, 1–16 (2017).
- Furusawa, Y. et al. Commensal microbe-derived butyrate induces the differentiation of colonic regulatory T cells. Nature 504, 446–450 (2013).
- Chang, P. V., Hao, L., Offermanns, S. & Medzhitov, R. The microbial metabolite butyrate regulates intestinal macrophage function via histone deacetylase inhibition. Proc. Natl. Acad. Sci. U. S. A. 111, 2247–2252 (2014).
- Kelly, C. J. et al. Crosstalk between Microbiota-Derived Short-Chain Fatty Acids and Intestinal Epithelial HIF Augments Tissue Barrier Function. Cell Host Microbe 17, 662–671 (2015).