Depressione: malattia o sintomo di un’infiammazione cronica?
È ormai diventato un luogo comune e un’idea davvero radicata nelle persone il fatto che la depressione sia una malattia causata da uno squilibrio chimico nel nostro organismo, più precisamente da una carenza di serotonina e norepinefrina.
Gli antidepressivi, basati appunto su uno squilibrio chimico, rappresentino un mercato da 10 milioni di dollari solo negli Stati Uniti.
Inoltre, il 20% delle persone dichiara di soffrire – o di aver sofferto almeno per un periodo durante la sua vita – di depressione o di attacchi d’ansia.
Viene quasi naturale pensare, dunque, che le case farmaceutiche abbiano non poco contribuito a far penetrare questa convinzione nella testa delle persone. Ma è proprio così?
La depressione e le case farmaceutiche: cosa c’è di vero?
Sappiamo che quasi la metà delle persone alle quali vengono prescritti antidepressivi non risolve il suo problema.
Ne vede alleviare solamente i sintomi e solo per brevi periodi, tornando – non appena si allenta la cura farmacologica – nel buco nero di malattie neuropsichiatriche o di disturbi dell’umore.
Il Dr. Philippe Pinel – padre della psichiatria moderna -, durante i primi dell’800 dichiarò che “la follia inizia nell’intestino.”
Il Dr. Pinel fece questa dichiarazione perché osservò che la maggior parte dei suoi pazienti soffriva di problemi gastrointestinali e che i sintomi del digerente peggioravano di pari passo la salute mentale dei suoi pazienti.
Molti studi, in tempi recenti, hanno dimostrato che gli antidepressivi arginano il problema della depressione, senza però risolverne le cause.
Si è visto infatti che solo il 25% dei pazienti depressi (appena 1 su 4) presenta dei livelli di serotonina e norepinefrina inferiori alla media, ma soprattutto che livelli più bassi di questi neurotrasmettitori non inducono l’insorgere di depressione negli esseri umani, ma solo nel mondo animale.
Non è quindi di certo la mancanza o carenza di serotonina la causa principale della depressione.
Quindi la depressione non dovrebbe essere considerata una malattia da curare, ma un sintomo di un problema parallelo, come l’infiammazione cronica di basso grado, per esempio.
La medicina funzionale può diventare, per chi soffre di disturbi dell’umore come depressione, ansia, disturbi bipolari o del sonno, un ottimo supporto che aiuti a prendersi cura della propria salute partendo dall’intestino.
Depressione e infiammazione: i punti di collegamento
Si è scoperto che esistono numerosi punti di collegamento che connettono in modo chiaro la depressione alle infiammazioni e alla conseguente attivazione del sistema immunitario:
- La depressione è spesso presente come sintomo in organismi con malattie acute e infiammatorie;
- Endotossine – tossine microbiche che fanno parte delle cellule batteriche – somministrate in pazienti sani provano i sintomi comuni della depressione;
- 1 paziente su 4 che assume interferone – farmaco utilizzato nell’epatite C e portatore di infiammazioni – sviluppa depressione;
- La remissione della depressione clinica è spesso associata a una normalizzazione dei marcatori infiammatori.
Durante una reazione infiammatoria vengono prodotte dal nostro corpo le citochine, che si è scoperto producano un’ampia varietà di sintomi psichiatrici e neurologici.
Per questo, per combattere la depressione ci si dovrebbe chiedere: che cosa ha procurato l’infiammazione?
I primi passi: alimentazione e stile di vita per combattere la depressione
È doloroso essere consapevoli che il nostro stile di vita e la nostra alimentazione siano i principali fattori scatenanti delle numerose infiammazioni, che a loro volta danno vita ad alcune delle più gravi malattie – diabete, Alzheimer, allergie, malattie cardiovascolari, ecc… – con le quali purtroppo molte persone oggigiorno sono costrette a fare i conti.
La nostra dieta, in particolar modo, è ormai esageratamente ricca di alimenti che, naturalmente, supportano l’insorgere di infiammazioni, come farine raffinate, grassi trans, zuccheri, antibiotici, ormoni e moltissimi conservanti e coloranti chimici.
Un’alimentazione sana invece dovrebbe essere considerevolmente composta da fibre, un corretto rapporto di grassi omega-3/Omega-6 a catena lunga, gelatina e cibi fermentati.
Allo stesso modo, anche una vita sregolata, la disidratazione, la mancanza di sonno – o una qualità di sonno non sufficiente – e poca attività fisica contribuiscono alla nascita di infiammazioni.
Depressione e alimenti fermentati
A seguito di assunzione di alimenti fermentati, si è notata una considerevole diminuzione dei maggiori aspetti caratterizzanti la depressione.
Durante uno studio su tre gruppi di donne, a uno di questi è stato somministrato latte fermentato con probiotici, a un secondo è stato somministrato latte non fermentato e a un terzo nessun tipo di latte.
Una risonanza magnetica funzionale è stata eseguita sui tre gruppi sia all’inizio dello studio che dopo il completamento dello stesso, per esaminare l’attività cerebrale in risposta a uno stimolo emotivo.
Si è notato che, nel gruppo di donne che aveva consumato latte fermentato con probiotici, si sono mostrati cambiamenti nelle regioni del cervello fondamentali per l’elaborazione delle emozioni.
Sono diversi i meccanismi con i quali i microbioti intestinali influenzano l’asse intestino-cervello.
Proprio sfruttando questo asse, il microbiota intestinale alterato può inviare segnali neurali dall’intestino al cervello, rispondendo con iper-sensibilità allo stress quotidiano, che a sua volta può creare gravi danni al nostro intestino.
Ne consegue quindi un aumento della permeabilità intestinale, che consente a batteri e antigeni batterici di attraversare la barriera epiteliale e arrivare nel flusso sanguigno, innescando una risposta immunitaria che rende il sistema immunitario iper-attivo.
Una reazione a catena che si può fermare sulla linea di partenza.
È possibile risolvere la depressione considerando la radice che l’ha causata?
Mangia cibi sani, dai la priorità agli alimenti ricchi di fibre, grassi buoni, impara a fermentare diversi alimenti e concedi la giusta quantità di ore al tuo sonno.
L’attività fisica, oltre a far bene all’organismo, purifica e libera la mente: ti permette di stare all’aria aperta e di “staccare la spina” dai pensieri negativi in cui potresti incappare se ti limitassi a svolgere una vita sedentaria e “passiva”.
Lo yoga, nello specifico, è una disciplina composta da posture ed esercizi che – tramite la respirazione – servono a modulare l’intestino e la funzione cerebrale, riducendo drasticamente l’attività del sistema nervoso simpatico.
Infine, chiedi aiuto a un nutrizionista o medico specializzato in medicina funzionale, che può aiutarti a scoprire quali possono essere le cause infiammatorie che hanno portato allo sviluppo della tua depressione.
In conclusione, la Depressione è una malattia o il sintomo di un’infiammazione cronica?
Una terapia farmacologica con antidepressivi o antiansia può essere sicuramente d’aiuto nel trattamento di alcuni casi conclamati di depressione o di disturbi dell’umore nel breve periodo.
Ma se gli squilibri di fondo nel microbioma intestinale sono sottovalutati, spesso non si riuscirà con i soli farmaci a eliminare la causa di questi disturbi.
Essere realmente consapevoli che la depressione non è una malattia da curare, ma un sintomo da riconoscere, e comprenderne le reali radici fisiche potrebbe aiutare le numerose persone che ne soffrono, non solo a livello fisico ma anche psicologico.
Molto spesso, infatti, chi soffre di depressione è fermamente convinto di avere qualcosa che non va: “Non sono bravo nel mio lavoro, mia moglie non mi ama, non mi trovo bello, ed è solo colpa mia”.
Questo circolo vizioso, questo turbine di pensieri negativi, induce la persona a credere che non ci sia nulla da fare contro questo pesante disagio fisico e mentale, sentendosi quindi ancora più affranto per la sua condizione già così labile e precaria.
Sapere invece che il suo stato è causato da una situazione infiammatoria che si può risolvere, porta nella persona affetta da depressione un senso di sollievo: si sente, in poche parole, deresponsabilizzata per la sua condizione.
“Non è colpa mia, ma di un problema esterno che posso risolvere, quindi posso farcela”.
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