Riso selvatico: poco conosciuto, ma estremamente salutare
Se consumi regolarmente il riso, nelle sue varianti bianco o integrale, forse avrai sentito parlare del riso selvatico e delle sue notevoli virtù: un alimento semplice e nutriente, l’unico cereale simile nelle proprietà nutrizionali alla miglior carne derivata da animali al pascolo, ma conservabile per molto tempo senza necessità di refrigerazione o congelamento. Un’alternativa sana e naturale da portare sulla tua tavola.
Origini del riso selvatico
Tecnicamente, il riso selvatico non è un vero e proprio cereale, bensì il seme di una pianta erbacea appartenente al genere Zizania Acquatica coltivata e diffusa negli Stati Uniti e in parte in Asia. Questa pianta predilige climi nordici e freddi e ambienti lacustri e rappresenta un’importante fonte alimentare per le persone e per molti animali.
I nativi americani iniziarono a coltivare queso riso migliaia di anni fa, sviluppandone nel corso del tempo centinaia di varietà diverse. Da sempre apprezzato per le sue ottime proprietà nutrizionali, era altamente apprezzato dalle popolazioni ancestrali del Nord America che lo coltivavano con cura ottenendo notevoli benefici in termini di salute e forma fisica.
Proprietà nutrizionali del riso selvatico
Il riso selvatico è altrettanto nutriente della miglior carne proveniente da animali allevati al pascolo, se non di più. Ecco i valori principali per 100 grammi di prodotto:
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Potassio: 450 mg
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Magnesio: 32 mg
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Vitamina B9: 26 mcg
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Calcio: 16 mg
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Vitamina B3: 7 mg
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Zinco: 6.3 mg
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Ferro: 1.9 mg
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Manganese: 1.4 mg
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Vitamina B2: 0.3 mg
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Vitamina A ed E: 0.2 mg
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Vitamina B1 e B6: 0.1 mg
Sebbene non sia tecnicamente un grano e fosse comunemente consumato dalle antiche società di cacciatori-raccoglitori come i nativi americani, le diete che si rivolgono alla guarigione dell’intestino, non considerano questo riso un alimento consentito a causa dell’alto contenuto di amido in esso. L’amido, infatti, è piuttosto complesso e difficile da digerire se l’intestino è in via di guarigione. Tuttavia, la scelta di includerlo o meno nella tua dieta deve rimanere assolutamente personale.
Purtroppo, come è accaduto per la maggior parte degli antichi cibi tradizionali, il riso selvatico non è sfuggito al processo di industrializzazione dei tempi moderni. L’Università del Minnesota ha ‘creato’ un riso ibrido incrociando il riso selvatico del Nord America con la Zizania Latifolia, conosciuta anche come riso selvatico della Manciuria, l’unico riso selvatico conosciuto originario dell’Asia. Questo processo avvenne in quanto il riso selvatico nativo presentava una serie di sfide per la produzione commerciale su larga scala: i semi della pianta infatti, non erano in grado di sopravvivere alla perdita di umidità (essiccazione) e quindi germogliavano quasi immediatamente una volta avvenuta la separazione dalla pianta. La conservazione dei semi, di conseguenza, era estremamente ridotta e pari a pochi giorni, al massimo una settimana circa in condizioni perfette. Le varietà ibride dunque diventarono presto cruciali per la produzione commerciale in larga scala e la distribuzione nei supermercati.
La commercializzazione di questo riso, inoltre, è soggetta all’utilizzo di numerose tecniche di coltivazione e varie attrezzature, contrariamente al riso selvatico tradizionale, coltivato nei laghi più adatti al clima necessario alla pianta originale. Al giorno d’oggi coltivare il riso selvatico richiede risaie artificiali create con varie dighe, numerose attrezzature pesanti e meccanizzate, lavorazione del terreno, applicazione di fertilizzanti industriali, allagamento artificiale, drenaggio e molto altro ancora. Tutto questo ovviamente incide sul prezzo di vendita finale.
Per aiutare i consumatori ad utilizzare al meglio questo prodotto, la maggior parte dei produttori prepara il riso selvatico grazie ad un processo che implica una sorta di graffio meccanico del chicco che consente poi un assorbimento più veloce dell’acqua e un tempo di cottura più breve. Questo tipo di elaborazione non influisce negativamente sul valore nutrizionale del riso, ma l’ideale sarebbe assicurarsi di consumare riso selvatico biologico, anche per evitare le potenziali contaminazioni da arsenico, tipiche delle coltivazioni di riso.
Se intendi acquistare e provare il riso selvatico ricorda che, come capita per molti prodotti destinati al consumo di massa, alcuni ceppi di riso selvatico disponibili nei supermercati vengono coltivati a livello industriale e non rappresentano il vero riso selvatico originario, ma la varietà ibrida di cui abbiamo parlato che manca quindi della densità nutrizionale dell’autentico riso selvatico, che sebbene più costoso ha un profilo nutrizionale significativamente superiore.
Come cucinare il riso selvatico
Il riso selvatico è un alimento facile da inserire nella tua dieta. Il metodo più semplice è quello di cucinarlo e mangiarlo da solo dopo averlo cotto a vapore o in ebollizione, come faresti con il riso integrale, gustandoti il suo aroma particolare. Puoi anche mescolarlo con altri cereali nelle zuppe. Ricordati di lasciarlo in ammollo per una notte intera prima di cucinarlo per eliminare gli anti-nutrienti che rivestono i chicchi, come faresti per i legumi o altri cereali.
I tempi di cottura sono più lunghi del riso bianco, ma rispettano la durata di cottura del riso integrale; ricorda che l’utilizzo di questo riso aggiungerà colore e benefici nutrizionali ai tuoi piatti anche se la sua preparazione sarà necessariamente un po’ più lunga rispetto agli altri cereali che cucini solitamente.
Prova anche a macinare il riso selvatico riducendolo in una farina che puoi aggiungere alle tue miscele per preparare pancake e biscotti, proprio come facevano originariamente i nativi americani.
La variante selvatica ha un sapore più particolare e complesso di quella integrale, ma risulta comunque alquanto piacevole e soddisfacente: una volta che il tuo palato si sarà abituato, apprezzerai il riso selvatico ancora di più, consapevole dei benefici che otterrai includendolo nella tua dieta.
Riferimenti:
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Melini V. Health Promoting Compunds In Pigmented Thai and Wild Rice. Foods. 2017 Jan; 6(1): 9
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Jensen MK. Intakes of Whole Grains, Bran and Germ and the Risk of Coronary Heart Disease in Men. Am J Clin Nutr. 2004 Dec;80(6):1492-9
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